L’impero del vino dei Frescobaldi, dal Friuli alla Maremma
di Emanuele Scarci
Ultima Modifica: 04/07/2022
Tantissimo vino rosso, preferibilmente toscano, e un po’ di bianco friulano. Anche per il futuro è questa la road map del gruppo Frescobaldi. Chianti classico e Docg, Brunello e Rosso di Montalcino, Morellino, Maremma, Pomino, i Supertuscan di Bolgheri, vari toscani Igt e una spruzzata di Collio. Perché la crescita della scuderia Frescobaldi ha costruito una logica toscano-centrica?
“Siamo vittime della sindrome del contadino – si schermisce il presidente Lamberto Frescobaldi (nella foto in alto, ndr)-. Abbiamo viti e terreni e vogliamo produrre al meglio, ma pretendiamo di curare in prima persona, giorno per giorno, queste meraviglie di cui siamo orgogliosi. Personalmente seguo tanto della vita delle cantine, comprese le selezioni clonali e gli innesti. Con questo credo di aver risposto sul perché non abbiamo acquistato nessuna tenuta al di fuori della Toscana, se non quella di Attems in Friuli”.
Siamo provinciali, si chiede retoricamente Frescobaldi? E poi si risponde: “Forse. Ho imparato che quanto produciamo non è uva, ma bottiglie. Mi spiego meglio: nel vigneto non vedo l’uva penzolare ma le bottiglie. E possiamo curare il vigneto solo seguendolo e verificando la situazione quasi giorno per giorno. Potrei farlo al telefono come fanno in tanti, ma non mi è mai andata”.
Ho trovato il Collio
Se questo è l’approccio perché avete acquistato Attems in Friuli, a 500 chilometri da Firenze?
“In Toscana c’è la grande tradizione dei rossi – ricorda l’imprenditore agricolo – e noi avevamo il bianco solo nella tenuta di Pomino, ma in quantità modesta. Abbiamo allora deciso di puntare a un grande bianco, il Collio. Ma per individuare la tenuta giusta, quella degli Attems, mi sono ammazzato di chilometri per trovarla. Poi però ero entusiasta. Il Friuli ha una sua unicità”.
La tenuta degli Attems comprende 44 ettari sui declivi terrazzati a ovest di Gorizia. Il primo documento che attesta i possedimenti di terre vocate al Collio della dinastia risale al 1106 e la produzione di Ribolla Gialla e Refosco è registrata nei libri mastri del 1764.
“Una volta acquistata l’azienda – aggiunge Frescobaldi – abbiamo ripulito tutto e siamo partiti a piantare. E così facciamo tutti gli anni, compreso quello corrente”. “E’ una sindrome – scherza con un piacevole senso dello humor -. Ho cercato una farmacia ma non l’ho trovata. Io faccio così, poi quelli che verranno in seguito potranno anche cambiare”.
Gorgona, l’isola che non c’è
Fra una visita a una tenuta e l’altra, Frescobaldi ha trovato anche il tempo di lanciare il progetto Gorgona, l’isola carcere dell’arcipelago toscano e il “Progetto sociale dell’isola che non c’è”. Dall’isola sono passati eremiti e monaci ma oggi ospita una colonia penale all’aperto, dove i detenuti si muovono liberamente.
Frescobaldi gestisce da 7 anni due ettari e mezzo di vigneti che producono 34 mila bottiglie di Gorgona bianco e 600 di Gorgona rosso. Nell’isola arrivano solo detenuti con pene lunghe e nella vigna lavorano volontari desiderosi di imparare un mestiere da intraprendere quando torneranno liberi. “È questo il senso del progetto Gorgona – conferma Frescobaldi – ed è giusto offrire una seconda possibilità. Non è un’operazione finalizzata a dare conforto perché in vigna si lavora. Finora nei vigneti abbiamo assunto una cinquantina di detenuti a rotazione”. Il vino Gorgona proviene da un piccolo vigneto biologico di Vermentino e Ansonica, piantato nel 1999 nell’unica zona riparata dai forti venti marini. Gorgona Rosso invece arriva da 728 ceppi di Sangiovese e Vermentino nero, varietà ormai acclimatate sull’isola.
Dalla banca al vino
La famiglia Frescobaldi si trasferì a Firenze dalla Val di Pesa. Le attività principali erano la produzione e il commercio di lana, il prestito bancario e, precocemente rispetto ad altre famiglie, l’agricoltura. L’importanza di questa famiglia fiorentina è confermata da una mappa della Toscana del 15esimo secolo conservata alla Galleria degli Uffizi, dove vengono indicate le terre dei Frescobaldi e il Castello di Nipozzano. Le attività vinicole iniziarono intorno al 1300, quando Berto de’ Frescobaldi lasciò in eredità ai figli le proprietà rurali. Il vino prodotto ebbe successo, tanto che venne esportato nelle Fiandre e in Inghilterra, dove la famiglia Frescobaldi divenne il fornitore ufficiale della corte. Nell’Ottocento le tenute agricole furono le prime ad adottare metodi di produzione vinicola moderni, con l’innesto nel 1855 di vitigni internazionali: Sauvignon, Pinot Nero, Chardonnay, Cabernet.
Da lì in poi è stato un crescendo, con l’obiettivo di diventare il principale produttore toscano. Oggi il gruppo Frescobaldi gestisce sia la produzione che la commercializzazione dei vini in oltre 90 paesi insieme al marchio Laudemio, l’olio extra vergine di oliva dell’antica famiglia gigliata. Nel complesso conta su un patrimonio di 1.200 ettari vitati dislocati in varie tenute: Castiglioni in Val di Pesa, Nipozzano nel Chianti Rufina, LogoNovo e Castelgiocondo a Montalcino, Castello di Pomino e Ammiraglia in Maremma, Conti Attems in Friuli e, con le Tenute di Toscana, controlla Ornellaia e Masseto.
Italiani brava gente
Il metodo di lavoro di Lamberto Frescobaldi paga. L’azienda è in costante sviluppo, produce 12 milioni di bottiglie l’anno, per oltre il 60% destinate ai mercati internazionali. “Il lavoro nel 2019 è andato bene – ammette Frescobaldi – al di là di ogni aspettativa. Lamentarsi è difficile. In Italia abbiamo avuto delle soddisfazioni enormi. Compresi i pagamenti che sono arrivati con grande precisione: gli italiani sono davvero delle brave persone. Coloro che invece si soffermano sul presunto pressappochismo italiano sbagliano”. Ma anche sul fronte estero, le soddisfazioni non mancano. “La Russia è ripartita, gli Usa marciano spediti e la Cina ha dato un bell’impulso” aggiunge l’imprenditore.
Quest’anno il gruppo stabilirà un altro record? “E’ presto per dare indicazioni, ma le posso anticipare che faremo meglio del 2018 che pure è stato un esercizio molto positivo”. Nel 2018 la scuderia Frescobaldi ha realizzato ricavi record per 119 milioni, +12%, con un Margine operativo lordo del 30% del giro d’affari, in un anno non facile per l’export di vini fermi italiani e per lo stesso mercato domestico. L’utile è stato di 13 milioni. Il dato del 2018 comprende anche l’ultima acquisizione, la tenuta di San Donato, ma il suo peso per ora è modesto. Nell’ultimo biennio il gruppo toscano ha investito oltre 27 milioni per acquisire le tenute di LogoNovo a Montalcino e San Donato in Perano. E’ sostenibile? “Certo – risponde Frescobaldi -. Abbiamo una redditività tale da potercelo permettere. Del resto le aziende sono obbligate a crescere e noi di certo non ci ritiriamo, anzi siamo costantemente alla finestra”.
I prossimi investimenti? “Abbiamo finito di costruire le cantine – commenta Frescobaldi – ora ci sono ancora tanti investimenti per ammodernare le strutture. Inoltre dobbiamo investire nell’olivicoltura, compreso il frantoio. Si alza sempre l’asticella”.
La carta dei vini
Cosa manca al vostro bouquet dei vini? “Tante belle zone con tanti bei vini. Dobbiamo diversificare. Del resto, anche un consumatore benestante non è che può bere tutti i giorni il Masseto: si annoierebbe”. Il gruppo fiorentino ha sviluppato a Bolgheri una cantina di Top wine, Ornellaia, che consente di competere nell’olimpo dei produttori, abitualmente frequentato dai vini francesi. Lo scorso dicembre il Massetto si è piazzato alla 37esima posizione nella classifica assoluta mondiale dei vini più ricercati; Ornellaia al numero 45. Il critico californiano James Suckling ha inserito il Masseto nell’empireo dei grandi Château di Bordeaux e dei grandi produttori di Borgogna. Il Top wine ha conquistato anche un prezzo importante negli Stati Uniti: 800 dollari a bottiglia. L’anno scorso, in aprile, è nata la cantina di Masseto, fino ad allora “ospitato” in Ornellaia. Le due cantine “dorate” dispongono di staff tecnici diversi come anche di reti commerciali, marketing e promozione ad hoc. Oggi i dazi americani preoccupano e ovviamente anche la Brexit provoca qualche apprensione. “Ma anche l’instabilità di Hong Kong, l’hub dell’Asia, è un motivo di ansia. Tutti motivi per farci stare svegli” conclude Lamberto.
Condividi L'Articolo
L'Autore